09/02/2024

Approccio interdisciplinare ed interprofessionale alla valutazione posturale in età evolutiva

Aspetti Metodologici

Vera Lezza1 & Dario Colella2

Rivista Scienza e Movimento nr. 24 Gennaiod\Marzo 2021

 Abstract

L’attività motoria dell’uomo è espressione dell’unità della persona e coinvolge numerose e complementari funzioni che consentono la sopravvivenza dell’organismo, i processi di apprendimento e sviluppo motorio, lo sviluppo emotivo e sociale e l’adattamento all’ambiente.

Le misure orientate alla prevenzione delle patologie ed alla promozione della salute attraverso le attività motorie, realizzate dalla scuola e da enti ed istituzioni, richiedono la mediazione di figure professionali capaci di: progettare azioni rivolte alla persona nella sua globalità, individuare il problema, intervenire per la sua soluzione, valutare gli effetti dell’intervento metodologico. Emerge il bisogno di competenze interdisciplinari ed interprofessionali, al fine di personalizzare interventi ben sostenuti metodologicamente.

Il seguente contributo si propone di individuare ed analizzare le competenze di diversi professionisti che confluiscono ed agiscono su un medesimo problema, la valutazione posturale, evidenziando la necessità di interventi orientati-alla-persona basati su evidenze scientifiche (EBP).

Attraverso l’analisi dei curricula universitari riguardanti diversi profili in uscita, studi e buone pratiche interprofessionali, gli Autori ricostruiscono le competenze necessarie ad intervenire in modo complementare, superando i limiti di una comunicazione talvolta frantumata e poco adattata ai bisogni reali della persona.

Emerge la necessità di un approccio interdisciplinare alla valutazione posturale purchè le competenze di diversi professionisti siano interconnesse ed orientate, considerando la centralità della persona e dei suoi bisogni.

La declinazione delle competenze professionali, intorno alla valutazione posturale, indica legàmi e snodi scientifici (teoria) e professionali (pratica basata sulle evidenze), anche se molto resta da compiere sul piano normativo.

Parole-chiave: approccio interprofessionale; età evolutiva; osservazione; prevenzione; valutazione posturale.

 L’attività fisica orientata alla promozione della salute secondo l'Evidence-based Practice

Recentemente gli indirizzi della ricerca negli ambiti delle scienze motorie e sportive, orientati alla promozione della salute, alla prevenzione delle patologie, allo sviluppo di competenze motorie, al recupero di deficit di varia natura, evidenziano lo studio di variabili diverse e complementari che richiedono apporti scientifici e metodologici interdisciplinari e interprofessionali, necessari alla loro trasformazione in buone pratiche generalizzabili ed all’avanzamento delle conoscenze (Xyrichis, 2020; Bishop, 2008; Williams & Kendall, 2007).

Gli studi interdisciplinari sulla promozione della salute hanno delineato una nuova e più ampia interpretazione dell’attività fisica, rispetto al passato, di cui tener conto sia nella ricerca scientifica sia nelle buone pratiche. La definizione di attività fisica, ricorrente in molti studi e linee guida, in cui si sottolinea il dispendio energetico determinato dalla contrazione muscolare (Caspersen et al.,1985), è stata sottoposta ad importanti revisioni semantiche. Recentemente, infatti, la definizione di attività fisica supera l’approccio unilaterale, organico-metabolico, per accedere ad uno sfondo integratore che valorizza la persona nelle sue diverse modalità espressive e in vari contesti socio-cultuali. La definizione di attività fisica proposta da Piggin (2020), in particolare, sottolinea il coinvolgimento della persona che si muove, agisce e si esprime all'interno di spazi e contesti culturalmente specifici ed influenzati da una gamma condivisa di interessi, emozioni, idee, insegnamenti e relazioni. Emerge la centralità della persona con i sui interessi, attitudini, bisogni e le finalità intrinseche delle attività fisiche (Fig.1).

Non solo, Bailey et al. (2013) attraverso l’analisi di numerosi studi, introduce un’interessante ed attuale prospettiva di studio interdisciplinare e trasversale, the Human Capital Model (HCM), per indicare il contributo e gli effetti dell’attività fisica in diversi domini dello sviluppo umano. In particolare, gli effetti della pratica motoria (e sportiva) si apprezzano non solo sul processo educativo della persona, la prevenzione delle patologie e l’educazione ai corretti stili di vita ma costituisce un significativo investimento per la riduzione delle patologie, il risparmio delle spese sociosanitarie, la promozione del benessere del cittadino.

Le evidenze scientifiche e le buone pratiche svolte secondo diversi modelli dell’apprendimento e dell’insegnamento, suggeriscono, quindi, un diverso approccio all’attività fisica e all’analisi delle azioni orientate alla promozione della salute ed alla prevenzione delle patologie (Opstoel et al.,2019).

Un diverso approccio non solo riguardante la scelta dei compiti motori e delle metodologie ma anche riguardante l’intervento dei professionisti cui spetta la presa in carico del soggetto in età evolutiva.

Con particolare riferimento all’educazione posturale (diagnosi pre e post intervento), l’individuazione dei bisogni dell’individuo sollecita nuove modalità di interazione e cooperazione tra i professionisti della salute, dall’analisi dei bisogni, all’intervento, alla valutazione degli esiti ed al mantenimento dei risultati conseguiti.

Secondo l’Evidence-based Practice (EBP o pratica basata sulle evidenze, in ambito medico; EBE – evidence based education nell’ambito delle scienze dell’educazione) le decisioni cliniche risultano dall’integrazione tra l'esperienza del Professionista e l’utilizzo delle migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate dalle motivazioni /bisogni dell’allievo (Vivanet, 2013) e ciò non solo per quanto riguarda l’apporto professionale ma anche l’interazione dei metodi d’indagine quantitativi e qualitativi (Shorten, & Smith, 2017).

Per questo le metodologie delle attività motorie basate sull’EBP devono costituire parte integrante del curriculum universitario dei Professionisti nell’ambito delle scienze motorie e sportive.

Un curricolo caratterizzato da un corpus doctrinae molto ampio ed articolato al suo interno, infatti, con interconnessioni tra numerosi ambiti scientifici che devono, o dovrebbero, essere interpretati in modo complementare, interdisciplinare ed applicato. Secondo tale prospettiva, le decisioni in ambito metodologico dovrebbero essere assunte sulla base delle conoscenze che la ricerca empirica offre in merito alla minore o maggiore efficacia delle differenti opzioni (Colella & Lezza,2020).

In particolare, i percorsi inerenti alla prevenzione delle patologie ed alla promozione della salute richiedono il coinvolgimento di varie figure professionali che intervengono, secondo competenze differenti e complementari, in tempi predefiniti, contribuendo non solo ad individuare tempestivamente un problema, ma anche a quali risorse professionali fare riferimento, scegliere quale metodologia seguire e con quali contenuti.

 La valutazione posturale. Approccio pluridisciplinare ed interdisciplinare

Il termine “olistico”, per indicare un’interpretazione della persona nella sua totalità, deve divenire l’approccio utilizzato da tutte le figure professionali che ricorrono all’esercizio fisico nei vari ambiti (scuola, sport, sanità); un approccio all’unità della persona ed alle relative interazioni funzionali, deve indurre alla collaborazione in èquipe.

L’esigenza di collaborazione, interazione ed integrazione metodologica tra i professionisti, è necessaria per fare emergere decisioni ed interventi scelti, adattati e personalizzati ai bisogni dell’individuo.  In tutti gli ambiti scientifico-professionali, pediatrico, medico, ortopedico, fisiatrico, odontoiatrico, oculistico, fisioterapico, osteopatico chinesiologico, è fondamentale avere una visione globale della persona.

La valutazione posturale è un ambito di confluenza di varie competenze professionali. Essa è una fase (diagnostica, intermedia, finale) della programmazione di un intervento in ambito motorio che si effettua attraverso diversi metodi e che consente di individuare le disfunzioni strutturate e non, i vizi posturali ed eventuali anomalie della “struttura corpo”.

La valutazione posturale è un processo indispensabile per coloro che si occupano di ri-equilibrio posturale e motorio, al fine di verificare prima ed attuare successivamente, interventi mirati, controlli in itinere utili al miglioramento della condizione fisica. A tal proposito, non possiamo pensare di possedere conoscenze esaustive in ogni campo disciplinare, teorico ed applicativo; ogni professionista nel proprio ambito deve imparare ad osservare non per tentare di compensare la problematica che si presenta, ma per ricercarne la causa. Solo questo approccio può condurci ad una visione orientata all’individualità e alla strutturazione di un protocollo di trattamento efficace perché personalizzato.

Secondo tale presupposto metodologico, la posturologia diviene un ambito interdisciplinare di studio ed osservazione del corpo umano attraverso un approccio olistico alla persona nelle diverse età.

Osservare la postura, osservare e valutare la funzionalità dei recettori, ci permette una visione d’insieme con un’attenzione particolare alla problematica su cui si decide di intervenire.

Un primo e recente tentativo orientato all’unità della persona è stato realizzato dal Ministero della salute nel 2017 attraverso le “Linee guida nazionali sulla classificazione, inquadramento e misurazione della postura e delle relative disfunzioni” documento redatto da un’equipe di specialisti con l’obiettivo di prevenire e diagnosticare i disturbi posturali attraverso le evidenze scientifiche disponibili.

Ogni professionista può osservare e porsi domande, il clinico è colui che: “prima di esplorare la pista posturale, deve aver eliminato tutte le cause note dei sintomi. La posturologia non sostituisce nulla, costituisce solo un progresso, un completamento, al di là dei bilanci tradizionali” (Gagey, 2000).

Possiamo affermare che la postura rappresenta il nostro “ESSERE” e che gli aspetti ad essa correlati sono numerosi, non solo quelli puramente biomeccanici e fisici ma soprattutto quelli emotivo-relazionali che favoriscono lo sviluppo della nostra personalità.

“La postura è cattiva quando si ha una relazione scorretta delle varie parti del corpo che produce un aumento di tensione sulle strutture portanti e quando l’equilibrio del corpo sulla sua base di appoggio è meno efficiente” (Kendall & Kendall McCreary, 2005).

La postura abitualmente assunta diviene, nel corso degli anni, lo specchio dei tratti caratteriali soggettivi della persona che acquisirà un modo di “essere” presente- al-mondo ed adatterà il proprio corpo, attraverso compensi alla sopravvivenza.

Osservare la postura per valutare, educare e ri-educare la persona

Osservare un corpo umano significa, guardare e ricercare l’adattamento che quel corpo ha adottato per poter “sopravvivere”. Ricercare una o più cause che hanno indotto quel bisogno di adattamento diviene un obiettivo interdisciplinare.

È indispensabile il supporto del clinico, del medico pediatra che per primo osserva, valuta e segue il processo di sviluppo fisico del bambino o del giovane. Successivamente, subentreranno anche altre figure professionali per rilevare eventuali adattamenti, disfunzioni o patologie (in età adulta) che necessiteranno di interventi nei vari ambiti. Non possiamo prevedere un iter totalmente predefinito e standardizzato, poichè gli ambiti sono diversi e non sempre la problematica è immediatamente rilevabile in età pediatrica.

Possiamo affermare che i primi “centri” di sorveglianza delle condizioni di salute del bambino e del giovane, oltre la famiglia, divengono il Pediatra, la Scuola e l’Extrascuola (associazioni sportive, centri fitness), e gli specialisti che operano in tali ambiti.

Sicuramente il pediatra è il primo specialista che osserva, valuta ed orienta il minore e la famiglia verso gli interventi più personalizzati, favorisce la collaborazione tra le figure professionali per la risoluzione della problematica e lo sviluppo dell’intervento. L’osservazione preliminare e indispensabile.

La collaborazione in èquipe tra diversi specialisti dovrebbe essere alla base della qualità dell’intervento: infatti, se altre figure professionali, ad es., il pediatra o l’ortopedico, rilevano i bisogni della persona a qualsiasi età, dovrebbero favorire il lavoro interdisciplinare attraverso un’attenta azione clinica e un piano organizzativo utile ed efficace, ricco di dati oggettivi.

L’osservatore esperto dovrebbe individuare ed attuare un protocollo valutativo subito dopo l’anamnesi e subito prima dell’esame obiettivo (di competenza medica) ed insieme ad essi richiedere la relativa indagine strumentale; successivamente interfacciarsi con lo specialista o gli specialisti che possono collaborare nel trattamento realizzando un “anello” di interventi su:

a)     ricerca della causa;

b)    prevenzione della disfunzione;

c)     compensazione della disfunzione se già strutturata;

d)    organizzazione del o dei trattamenti terapeutici;

e)     controlli in itinere e post trattamento.

Nella valutazione posturale, e non solo, al centro del nostro intervento, dobbiamo considerare la “persona” e la sua condizione psico-emotiva, contestualmente alla rilevazione della problematica, non è più pensabile un approccio settoriale o incentrato sul sintomo, l’osservatore, lo specialista deve ricercare la causa.

Infatti, non potendo prevedere o organizzare gli interventi schematicamente, ad esempio, in età più avanzata, lo specialista che per primo si accosta al soggetto dovrebbe avviare-promuovere la collaborazione tra tutte le altre figure di riferimento.

È necessario e prioritario avviare una comunicazione professionale e di scambio dei dati dell’anamnesi, se intendiamo accostarci alla persona nella sua globalità per interpretare un suo bisogno.

Quando valutare?

La presa in carico della persona da parte del laureato magistrale in scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate è continua e sistematica: si richiede di ricostruire la storia anamnestica e “patologica” dell’individuo e di rilevare gli esiti degli interventi proposti nelle fasi intermedie del trattamento.

Un compito-dovere professionale è quello di interfacciarsi con il clinico (pediatra, ortopedico, fisiatra), per favorire la comunicazione, ad esempio fornendo informazioni sulla funzionalità fisica, sui livelli di capacità motorie o sulle condizioni generali o di un determinato distretto corporeo. Questo permetterà al clinico di avere maggiori dati sulle condizioni fisiche o sul trattamento da far intraprendere al soggetto. L’obiettivo è favorire la condivisione di un’analisi completa della condizione fisica e non solo inerente al bisogno individuato.

Le competenze del dottore magistrale nell’ambito delle attività motorie preventive e adattate saranno applicate successivamente, dopo la consultazione in èquipe e saranno finalizzate a redigere e ad organizzare il piano di intervento motorio di propria pertinenza.

Eseguire controlli in itinere e comunicare eventuali cambiamenti al gruppo di controllo (èquipe), assegnare all’allievo il lavoro di mantenimento ed eseguire il controllo in fase finale, costituiranno fasi necessarie ed ineludibili per la qualità del processo.

Le Fasi di sviluppo delle relazioni interprofessionali nella Valutazione posturale

La valutazione posturale e gli interventi ad essa correlati, compiuti attraverso il contributo di vari specialisti, prevedono denominatori teorici e metodologici riconosciuti reciprocamente, necessari a limitare o evitare sovrapposizioni. Infatti, il bambino ed il giovane, insieme alla famiglia, spesso affrontano visite e controlli specialistici scollegati tra di loro, senza comunicazioni intermedie e senza seguire un iter che diviene fondamentale se si vuole ricercare la causa di una problematica. Si genera confusione e spesso alla fase diagnostica non segue la fase operativa-pratica necessaria a promuovere la soluzione o la compensazione della disfunzione. La famiglia si percepisce completamente “abbandonata” senza punti di riferimento procedurali.

Un altro limite nelle relazioni interprofessionali sulla valutazione posturale, riguarda il rispetto della successione cronologica e metodologica degli interventi. Ogni specialista interviene nel proprio campo senza considerare il quadro d’insieme, la causa della disfunzione; in tal modo non si ottengono risultati costruttivi ed organici per il ri-equilibrio e si rallenta o si limita il raggiungimento dell’obiettivo primario: il benessere della persona.

Infine, la parzialità della valutazione, ovvero, la mancanza del contributo di uno degli specialisti, limita la formulazione di una diagnosi completa e corretta; l’intervento resta parziale e non sempre corretto, in altri termini “l’anello di congiunzione” non si chiude.

Ogni singolo specialista deve attuare la comunicazione con la famiglia e favorire la comunicazione reciproca con tutti gli specialisti sul medesimo problema, prima di qualsiasi scelta di trattamento /intervento metodologico

Conclusioni

L’esigenza di “comunicare” ed interagire con tutte le figure professionali che si occupano del complesso “sistema corpo”, sia nella fase di prevenzione che nelle fasi successive, chiamate “compensative” è ormai un bisogno che contribuisce alla qualità dell’intervento.

Anche i curricula universitari, ormai, avvertono il bisogno non solo di coerenza tra evidenze scientifiche e grado di trasferibilità metodologica nei vari contesti ma anche di strutturare un profilo professionale aggiornato, aperto all’innovazione ed alla comunicazione, flessibile.

Sono gli studi ed i bisogni della persona che ci inducono a migliorare l’approccio di intervento e di trattamento finalizzandolo al meglio. 

L’ambito della valutazione posturale è un tema metodologico di incontro, un ambito di snodo e raccordo di diversi settori disciplinari di diverse professioni e saperi e, conseguentemente, la messa in pratica dei rapporti di cooperazione interprofessionale; una fase di passaggio dagli studi all’applicazione (dalle teorie alla pratica); uno tra i tanti ambiti delle Scienze Motorie e Sportive in cui avviene la presa in carico della persona nella sua globalità.

L’esigenza di individuare i ruoli, le competenze e le fasi di intervento nasce proprio dal bisogno di collaborazione, che spesso è carente e in qualche caso valutato con sospetto.

Il contributo qui proposto non vuole essere una proposta rigida ed unilaterale, ma un tentativo (forse audace) di attribuire risalto alla comunicazione ed all’interazione professionale, aperto a miglioramenti ed aggiustamenti, trasferibile anche in altri settori, si pensi, alla prescrizione dell’esercizio fisico rivolto al trattamento delle patologie non trasmissibili o alla gestione di squadre negli sport di alto livello e non solo o alle moderne interpretazioni del fitness e wellness.

Attualmente l’investimento formativo nella scienza interprofessionale emerge come una ricerca sempre più necessaria e degna di una particolare attenzione nella formazione universitaria e post-universitaria.

La pratica collaborativa interprofessionale, a tutti i livelli, è l’unico modo per affrontare numerosi e diversi temi riconducibili alla prevenzione ed al trattamento delle patologie e, in generale, alla promozione della salute.

Il potenziale della scienza interprofessionale, come ambito di studio rivolto al progresso delle metodologie, è necessario per promuovere l'adozione e la valutazione di approcci collaborativi nella ricerca, nelle professioni e nei vari contesti (Xyrichis,2020).

Negli ambiti delle scienze del movimento umano, lavoriamo, interveniamo e sviluppiamo questa visione d’insieme; questo primo contributo intende porsi come una via di accesso, una “porta” che dobbiamo necessariamente aprire insieme, pronta ad accogliere nuovi approcci, nuovi adattamenti e nuovi obiettivi.

Il Clinico, il Terapista o il Dottore in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, da soli, non possono aprirla.

 Bibliografia

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